Un medico con lo stetoscopio al collo, in una immagine di archivio.
Prevede il reclutamento di bambini con un parente di primo grado affetto da celiachia lo studio multi-centrico a lungo termine che parte dal Center for Celiac Research e dall’Harvard Medical School per approdare a Salerno con l’obiettivo di seguire i piccoli dalla nascita fino a tutta l’età evolutiva per comprendere le cause e le possibilità di diagnosi della malattia autoimmune dell’intestino tenue. Il progetto si chiama GDGEMM (Celiac Disease Genomic Environmental Microbiome and Metabolomic Study) e mira a determinare quali sono i fattori che contribuiscono allo sviluppo della malattia, se può essere diagnosticata in modo precoce e, infine, se è possibile prevenirla. Ciascuna delle equipe sarà impegnata su un particolare aspetto e l’incrocio dei dati – viene sottolineato in una nota – costituirà un passaggio decisivo per la diagnosi e la prevenzione di una malattia che colpisce l’1% della popolazione in Europa e Stati Uniti e che sta emergendo anche in Asia. Oltre all’informazione genetica finirà sotto la lente di ingrandimento degli studiosi anche influenza ambientale (il tipo di parto, l’uso di antibiotici, l’allattamento e l’introduzione di certi alimenti). “Gli eventi che avvengono nel nostro intestino – spiegano Giovanni Scala e Jacopo Troisi, i ricercatori che curano la parte metabolomica dello studio – producono elementi che sono chiamati metaboliti, che differiscono da persona a persona e dipendono dai geni, dalla composizione del microbioma e dalla scelta del cibo”. “L’insieme dei metaboliti prodotti da un soggetto – spiegano ancora – viene chiamato metaboloma e il nostro compito è, appunto, quello di fotografare i metabolomi di diversi bambini, attraverso l’analisi delle feci, in modo da individuale tutti i cambiamenti nel loro ambiente e monitorandoli per la celiachia”. “In questo modo, avremo modo di classificare specifici profili metabolomici e utilizzare questi come modelli predittivi dello sviluppo della celiachia, prima che essa di fatto si manifesti”, concludono i due studiosi.
[fonte: Ansa]