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Ti presento i miei di RB24: STANISLAV PETROV, L’UOMO CHE SALVO’ IL MONDO

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Ogni domenica mattina la redazione di Radio Bussola 24 propone una rubrica tutta da leggere, raccontando storie, curiosità, aneddoti per ogni gusto ed età.

Stanislav Petrov

C’è stato un momento nella storia moderna in cui il destino di tutta l’umanità fu affidato all’istinto di un solo uomo: Stanislav Petrov.
Sì, è proprio così. Ma andiamo per gradi.
È la notte del 26 settembre del 1983 e Petrov, tenente colonnello dell’esercito sovietico, riceve una telefonata dal bunker Serpukhov 15 dove viene incaricato, immediatamente, di sostituire un suo collega per controllare i dati che vengono inviati dai satelliti che spiano i movimenti degli armamenti nucleari.

La stanza è semibuia, è da poco passata la mezzanotte, immaginate Petrov davanti ad una schiera di monitor. Ad un certo punto, uno di questi monitor attiva una luce rossa, è un allarme; i computer avevano rilevato un missile in volo verso l’Unione Sovietica a 24 mila chilometri all’ora.

Tra i militari presenti nel bunker scatta la paura. Il terrore di un possibile attacco nucleare. Ma, Petrov, freddo mantiene la calma. Cerca di ragionare, ed arriva alla soluzione che anche le macchine e gli algoritmi possono sbagliare. Il suo dito è fermo e immobile sopra il tasto rosso, quello del contrattacco, che avrebbe in pochi minuti cambiato per sempre la storia dell’umanità.

I computer insistono, si accendono altri quattro allarmi, i missili che minacciano il territorio sovietico sono adesso cinque. Il protocollo, a questo punto, prevede una e una sola mossa: mutua distruzione reciproca. L’accordo tra Stati Uniti e Unione Sovietica era questo: se tu mi distruggi, io ti distruggo. Non ci sono vincitori, solo sconfitti.

Ma Petrov è ancora lì, non preme quel tasto rosso, aspetta, pur sapendo di non rispettare gli ordini. Si fida soltanto del suo istinto. “Gli Stati Uniti non posso attaccare è irragionevole”, è il suo pensiero fisso, così si assume la responsabilità di quel gesto: non fare assolutamente niente. Gli altri militari si agitano, 10 minuti all’attacco, 8 minuti all’attacco, 5 minuti all’attacco, i minuti e i secondi passano ma Petrov ordina di stare fermi, di non contrattaccare. State fermi!
<>, urlano i suoi inferiori. Ma lui niente. Chiede di controllare i dati, di verificare effettivamente la traiettoria di quei missili. Ma i militari non possono dare la certezza: e si perché la traiettoria dei missili è perfettamente coincidente con il tratto che divide la luce dall’ombra. È impossibile verificare con certezza la natura di quei missili!
E nella paura dell’incertezza, Petrov è sicuro di sé: aspettare. Quel tasto rosso non lo preme.

E infatti, contro ogni previsione, i radar poco tempo dopo confermarono che non c’era in corso nessun attacco.
Petrov salvò il mondo, ma nessuno in quell’istante lo seppe. Tutti erano ignari di quello che era appena successo.

Dopo l’accaduto, Petrov fu convocato dai suoi superiori e fu accusato di aver considerato debole il loro sistema di difesa. Un errore imperdonabile, non rispettare il protocollo in quei momenti così concitati è stato ravvisato dai militari russi come un comportamento troppo grave per essere lasciato impunito.
Petrov aveva fatto capire ai militari che anche le macchine possono sbagliare. E per questo ne ha pagato il prezzo con un obbligato pensionamento anticipato.

Stanislav Petrov ha salvato le vite di tutti noi non premendo quel tasto. Semplicemente non seguendo le regole. Fidandosi esclusivamente del suo istinto. Perché oltre alle macchine, oltre agli algoritmi, esistono gli esseri umani.
Esseri in grado di prendere delle scelte che possono essere più intelligenti di macchine costruite per essere perfette.
Ma accade sempre così. Ecco perché abbiamo ancora bisogno di noi. Abbiamo bisogno di uomini e donne che vivano credendo nella tolleranza, comprensione e compassione.
Abbiamo ancora bisogno di umanità.

Valerio Autuori


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