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Ti presento i miei di RB24: SIGNOR TENENTE, UN BRANO PER RICORDARE I GIUDICI FALCONE E BORSELLINO

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Il 23 maggio si avvicina, e per l’occasione del trentesimo anniversario dalla scomparsa del giudice palermitano Giovanni Falcone, condividiamo “Signor Tenente”, brano del 1994 di Giorgio Faletti. 

Ci si accorge subito quando un dato momento è destinato a rimanere nella memoria collettiva di un intero Paese. Quel momento è rappresentato dal funerale del giudice Paolo Borsellino dove una folla arrabbiata, esausta, stanca manifestò tutta la sua frustrazione nei confronti di una guerra di mafia che aveva insanguinato una regione ormai lacerata. Ci ricordiamo bene, infatti, le grida di dolore di tanti siciliani che scagliarono addosso alle autorità politiche presenti, partendo dal capo dello Stato, Scalfaro, al presidente del Consiglio Amato, e al capo della polizia, Parisi. Momenti indimenticabili che presero il posto allo sgomento generale precedente provocato dalla morte dell’altro “supereroe” palermitano, il giudice Giovanni Falcone, esattamente il 23 maggio del 1992. Furono mesi, quelli, tremendi, rappresentati da un’efferata violenza e crudeltà che lasciò l’Italia senza parole, causando un vuoto incolmabile in tutti noi. 

Nel 1994, sul palco di Sanremo, si presentò come cantante in gara lo scrittore Giorgio Faletti, che cantante non era, tuttavia, nell’esatto momento in cui iniziò a cantare tutto l’Ariston restò inerme di fronte ad un testo destinato a rimanere nella storia. Il brano in questione, s’intitola Signor Tenente, è un continuo riferimento alla criminalità organizzata, in particolare alla mafia siciliana, alla situazione difficile che le forze dell’ordine erano costrette ad affrontare, al contesto sociale e politico dell’epoca. Nel brano, c’è un uso continuo della parola “minchia”, unito all’accento siciliano, che riprende il linguaggio della terra dove si erano verificate la maggior parte degli attentati.

Guardando, ancora oggi, il video della sua esibizione a Sanremo si può notare chiaramente, non solo la visibile e palpabile emozione dello scrittore, ma la commozione e lo stupore del pubblico nel momento subito successivo all’esibizione, come se quello scroscio immediato e spontaneo della platea, non fosse nient’altro che la più profonda gratitudine di un Paese nei confronti di tutti i giudici, giornalisti, poliziotti, e persone comuni, che hanno lottato ogni giorno della loro vita contro un mostro chiamato mafia. 

Il testo di Signor Tenente

Forse possiamo cambiarla ma è l’unica che c’è

Questa vita di stracci e sorrisi e di mezze parole

Forse cent’anni o duecento è un attimo che va

Fosse di un attimo appena sarebbe con me

Tutti vestiti di vento a inseguirci nel sole

Tutti aggrappati ad un filo e non sappiamo dove

Minchia signor tenente

Che siamo usciti dalla centrale

Ed in costante contatto radio

Abbiamo preso la provinciale

Ed al chilometro 41

Presso la casa cantoniera

Nascosto bene la nostra auto

C’asse vedesse che non c’era

E abbiam montato l’autovelox

E fatto multe senza pietà

A chi passava sopra i 50

Fossero pure i 50 d’età

E preso uno senza patente

Minchia signor tenente

Faceva un caldo che se bruciava

La provinciale sembrava un forno

C’era l’asfalto che tremolava

E che sbiadiva tutto lo sfondo

Ed è così, tutti sudati

Che abbiam saputo di quel fattaccio

Di quei ragazzi morti ammazzati

Gettati in aria come uno straccio

Caduti a terra come persone

Che han fatto a pezzi con l’esplosivo

Che se non serve per cose buone

Può diventare così cattivo che dopo

Quasi non resta niente

Minchia signor tenente

E siamo qui con queste divise

Che tante volte ci vanno strette

Specie da quando sono derise

Da un umorismo di barzellette

E siamo stanchi di sopportare

Quel che succede in questo paese

Dove ci tocca farci ammazzare

Per poco più d’un milione al mese

E c’è una cosa qui nella gola

Una che proprio non ci va giù

E farla scendere è una parola

Se chi ci ammazza prende di più

Di quel che prende la brava gente

Minchia signor tenente

Lo so che parlo col comandante

Ma quanto tempo dovrà passare

Per star seduto su una volante

La voce in radio ci fa tremare

Che di coraggio ne abbiamo tanto

Ma qui diventa sempre più dura

Quando ci tocca di fare i conti

Con il coraggio della paura

E questo è quel che succede adesso

Che poi se c’è una chiamata urgente se prende su

E ci si va lo stesso

E scusi tanto se non è niente

Minchia signor tenente

Per cui se pensa che c’ho vent’anni

Credo che proprio non mi dà torto

Se riesce a mettersi nei miei panni

Magari non mi farà rapporto

E glielo dico sinceramente

Minchia signor tenente

Valerio Autuori


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