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Ci sono pochissimi artisti che possono vantare un talento unico ed eccezionale, uno di questi era Giorgio Gaber. La sua lungimiranza, a distanza di anni, è stata confermata ampiamente, e gli eventi politici così burrascosi di queste ultime settimane sono la conferma dell’immobilità politica e sociale di questo Paese.
Le dimissioni annunciate di Mario Draghi sono l’ennesima dimostrazione degli affanni e difficoltà della classe politica odierna. Ci troviamo impantanati in un loop che ristagna il Paese in situazioni già viste e riviste. S’invoca il populismo, si individuano nemici su cui puntare il dito, si minacciano elezioni anticipate pur di rinunciare al dialogo parlamentare, insomma, si scappa dalle responsabilità governative pur di confermare, in uno slancio gattopardiano, il celebre imperativo “se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi.” E così il nuovo si confonde con il vecchio, e il vecchio assume le sembianze del nuovo, in un circolo vizioso che tutto ingloba avidamente.
Perché allora invocare Giorgio Gaber? Cosa potrebbe dire ancora di attuale?
Basterebbe riprendere un verso estratto dal brano “Io non mi sento italiano” scritto nel 2002, pochi mesi prima che Giorgio Gaber ci lasciasse:
Persino in parlamento
c’è un’aria incandescente
si scannano su tutto
e poi non cambia niente.
Da sole, queste parole spiegano alla perfezione il ritratto amaro di un’Italia immobile, ferma, con i piedi bloccati per terra e uno sguardo troppo miope per guardare avanti.
Leggendo, tuttavia, l’intero testo della canzone non si può non affermare il grande amore di Giorgio Gaber per la sua nazione. Perchè elencando tutta una serie di contraddizioni e di problemi che riguardano il Paese, emerge comunque un orgoglio mai sopito del tutto di essere italiani, perché, in fondo
Io non mi sento italiano
ma per fortuna o purtroppo lo sono.
Man mano che si procede nel testo, fuoriescono altre dichiarazioni d’amore di Gaber che in un certo senso rivendicano la grandezza storica e culturale del Paese, da far invidia a tutto il mondo. Celebre il passaggio, in cui Gaber, rivendica davanti a tutto il mondo il Rinascimento:
Mi scusi Presidente
ma forse noi italiani
per gli altri siamo solo
spaghetti e mandolini.
Allora qui mi incazzo
son fiero e me ne vanto
gli sbatto sulla faccia
cos’è il Rinascimento.
Con la speranza di non dover più ricorrere alla veggenza artistica di personaggi di spessore della cultura italiana per rimarcare le profonde difficoltà dell’Italia di oggi, non ieri, cogliamo l’occasione per riascoltare uno dei brani più significativi della canzone italiana.
Valerio Autuori
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