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Veronica, Vivarium il nuovo singolo: ‘Parlare per agire’

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Veronica Di Nocera ha parlato con noi del suo ultimo singolo in uscita il prossimo 22 aprile, Vivarium, in occasione della Giornata Mondiale della Terra. Qui racconta com’è nato il vero significato del brano. Le sue parole: <<un’osservazione a 360° di quello che stiamo vivendo>>.

Dopo il successo di ACUSTICO, incentrato sull’autismo, il nuovo progetto musicale vede la cantautrice impegnata a confrontarsi con l’importante ed attuale tema del cambiamento climatico. “Vivarium”, infatti, vuole essere una lente di ingrandimento capace di mettere a fuoco non solo le catastrofi ambientali, ma anche quelle umane.

Parlando del tuo ultimo singolo, Vivarium, che uscirà il prossimo 22 aprile, dove nasce questa tua esigenza di raccontare un tema così attuale? E’ un progetto che ti porti da dentro o è il frutto di una volontà improvvisa?

Il mio progetto nasce 2 anni fa, con Kaleidoscopio, è un singolo dedicato al bullismo, e quindi mi sono resa conto che chi mi ascoltava si sentiva rappresentato, insomma, dalle mie parole e così ho deciso di proseguire con le tematiche sociali, quelle ovviamente che più mi stanno a cuore. Come ad esempio, la parità di genere, l’autismo fino ad arrivare al cambiamento climatico.

Perché proprio il cambiamento climatico?

Ci sono due motivi. Il primo, perché la musica che io ascolto, quella attuale intendo, non è una musica che si impegna a trasmettere messaggi. Gli autori, cantautori che ascolto, non parlano molto spesso di queste tematiche. Anzi, molto spesso vengono abbastanza ignorate. E quindi questo è il primo motivo: l’ho voluto fare io. Il secondo motivo, è necessario parlare di cambiamento climatico non solo perché ne parlano tutti tanto per parlarne, ma parlare per agire. Proprio per questo ho voluto scrivere di cambiamento e di Vivarium, non solo per analizzare la questione clima, ma anche perché è una sorta di osservazione sulla realtà in cui ci troviamo. Parla, infatti, anche del rapporto che noi uomini abbiamo con la terra ma soprattutto tra di noi, per questo parlo anche della guerra. Un’osservazione a 360° di quello che stiamo vivendo.

La consapevolezza è fondamentale in questo tema. Pensi, infatti, che in questo preciso momento storico ci sia la giusta mobilitazione per raccontare alle persone questo problema? Soprattutto attraverso i mass media, e quella che è la narrazione pubblica più in generale.

Secondo me, non è neanche bastato installare quegli orologi che ci sono a Roma, New York con il conto alla rovescia. Non è bastato. Quello mi ha un po’ scossa quando ho letto questa notizia. Purtroppo, come dico spesso, l’uomo si abitua subito ai cambiamenti. Un esempio lampante è la mascherina, all’inizio era una costrizione, adesso invece è abitudine. Ed è successa la stessa cosa con il cambiamento, noi osserviamo queste catastrofi al tg o comunque sui social ma non ci muoviamo, ci siamo abituati è routine. Mari inquinati, foreste al fuoco, plastica ovunque ormai fanno parte del nostro quotidiano, non come dovrebbe essere. Perché tutti noi dovremmo svegliarci la mattina e capire come aiutare nel nostro piccolo a migliorare la situazione.

Esatto. Perché non abituarsi a degli accorgimenti, cambiamenti che possono fare tanto.

A parer mio deve partire soprattutto dalla scuola. L’educazione è fondamentale.

Leggendo il testo, e in particolare una frase: Ho aperto gli occhi, era il 2020. Ho chiuso gli occhi, e stretto i denti, ho percepito specialmente in queste parole il senso più profondo dell’intero brano. Ti dà infatti quella sensazione che di fronte ad una realtà così dura non vorresti altro che rifugiarti in un mondo diverso, era un po’ questa la sensazione che volevi esprimere?

Si, esatto. Non solo, perché “ho stretto i denti” è riferito a questo viaggiatore dello spazio che si ritrova sulla terra del 2020.

Una sorta di alieno?

Precisamente. E quindi, si ritrova su questa terra devastata non solo dal cambiamento climatico, ma proprio a livello umano. E non si dà pace su come sia possibile che l’uomo preferisce stringere i denti e andare avanti piuttosto che agire. Una sorta di rassegnazione da parte nostra. E’ come se avessimo accettato che prima o poi finirà tutto, un atteggiamento sbagliato. Finisce però con un po’ di speranza.

Prima hai citato Kaleidoscopio, ma tra i tuoi ultimi progetti musicali c’è anche Wonder Woman ed Acustico, e in questi brani c’è tanta voglia di raccontare moltissimi problemi sociali a cui purtroppo, ad oggi, la società non sembra essere ancora pronta. La musica, e l’arte in generale, servono anche a questo, a sensibilizzare le persone, sei d’accordo?

E’ proprio quello che dobbiamo fare in questo periodo. Magari utilizzare proprio l’arte come mezzo per comunicare certe questioni. Come dicevo prima, non se ne parla spesso, prendi il tema dell’autismo. Ancora oggi viene definito come una malattia e non un disturbo. Una totale disinformazione a riguardo. Questo è quello che sto tentando di fare. A volte mi chiedono perché proprio il 22 aprile, così come Acustico che uscì nella Giornata Mondiale dell’Autismo. Ma il mio lavoro non è far uscire la canzone in quella data e là resta. Assolutamente no. Ma l’obiettivo è di parlarne continuamente. Cantare sul palco mi dà la possibilità di poterlo fare, ed è quello che tento di fare sempre. Far arrivare questo messaggio a più persone possibili. Mi chiedono anche: “in futuro parlerai anche di tematiche più leggere?”, io rispondo “Dipende!”(ride).

Il tuo intento è non farne una cosa soltanto simbolica, ma che il tuo lavoro rimanga nel tempo.

Che possa avere un senso.

Hai sempre avuto questo bisogno di cantare, o hai avuto dei momenti in cui hai pensato di lasciar perdere?

Assolutamente si. In adolescenza, credo uno dei periodi più difficili, ma anche catastrofico (ride). Canto da quando sono piccola, ma in quel periodo l’ho presa più seriamente, in cui mi sono resa conto che più che una passione avrei voluto diventasse un mestiere. Però ci sono stati dei momenti di difficoltà, soprattutto quando ho subito nei miei confronti atti di bullismo. Non è stato facile e volevo mollare. Ma il caso ha voluto che comunque continuassi su questa strada. Hai presente quando uno è destinato a fare questa cosa?

Certo. Tu eri destinata a cantare. E tutti gli ostacoli che hai incontrato ti hanno portato ad andare avanti.

Esatto. Quindi nonostante questo alla fine ci sono riuscita. L’importante non è mollare, anche quando la situazione ti porta a volerlo fare.

Com’è il tuo rapporto con l’arte in generale?

Si pensa che io ho studiato Storia dell’Arte, mi sono laureata in Beni Culturali, l’arte ha sempre fatto parte della mia vita. Sono sempre stata una bambina creativa, ho sempre amato disegnare. Amo il cinema. Tutta l’arte nelle sue forme. Questi mondi espressivi mi aiutano, leggere libri mi aiuta, per esempio, a scrivere di queste tematiche soprattutto. Informarsi è fondamentale per chi fa questo mestiere.

Oltre a scrivere le tue canzoni, scrivi anche la musica?

Diciamo che io parto da chitarra e voce. Quindi, in particolare, scrivo le melodie dei miei brani. Poi, ovviamente il lavoro del produttore è un lavoro che mi piacerebbe fare, ma servirebbe un’altra vita per farlo. (ride) Vivarium, infatti, gioca molto con la musica perché vuole dare un senso di sospensione temporale, di galleggiamento. Ma anche quel senso di bellezza e tranquillità che ti dà l’osservare un paesaggio, per esempio. Mi sono molto ispirata, infatti, alla musica di Moby.

Per il futuro, hai già pronta qualche data in cui potrai esibirti?

Ci sto lavorando. Soprattutto sto lavorando a creare un repertorio, perché partendo come artista indipendente, e quindi da zero, non è facile. Ogni piccolo passo è una conquista. Da poco con Vivarium ho firmato un contratto discografico con l’etichetta CDF RECORDS.

Prossimi progetti?

Sono in semifinale e finale a diversi concorsi. Sono in semifinale per il progetto di Madrugada e in finale per un concorso con Amnesty International, quindi in una fase di attese.

Ti ringraziamo per la tua simpatia disponibilità e ti rinnoviamo l’invito magari in studio. In bocca al lupo!

Grazie mille a voi e buon lavoro.

Valerio Autuori


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